Cass. Civ., sez. III, ord. del 07.07.2023, n. 19355

Nel caso affrontato dalla pronuncia in oggetto, un giardiniere, con contratto da lavoratore dipendente a tempo indeterminato, riportava lesioni permanenti in seguito ad un incidente stradale. A causa di tali lesioni, il danneggiato veniva licenziato dall’azienda presso cui lavorava. Pertanto, lo stesso agiva in giudizio nei confronti del responsabile del sinistro e della compagnia assicurativa del danneggiante al fine di ottenere il risarcimento del danno patrimoniale derivante dalla incapacità lavorativa specifica subita in conseguenza del sinistro.

In primo grado, il Tribunale condannava la compagnia assicurativa del danneggiante al risarcimento del danno nei confronti dell’attore determinando il danno patrimoniale sofferto in relazione alla perdita di capacità lavorativa specifica e quindi riconoscendo, a titolo di lucro cessante, l’integrale importo dei redditi mensili perduti fino alla data del prevedibile pensionamento.

La Corte d’Appello di Milano accoglieva parzialmente l’appello, successivamente proposto dalla compagnia assicurativa, e procedeva alla riduzione dell’importo del danno patrimoniale liquidato in primo grado, sul presupposto che la perdurante disoccupazione non risultava imputabile ai postumi del sinistro, così riducendolo in misura proporzionale al danno da incapacità lavorativa specifica, stimata in giudizio dalla CTU medico legale, pari al 20%

Il danneggiato ricorreva quindi in Cassazione sulla base di quattro motivi di impugnazione, di cui venivano accolti i primi due e dichiarati assorbiti i restanti.

La Suprema Corte, discostandosi dal pronunciamento della Corte territoriale, sostiene come il risarcimento in oggetto debba essere liquidato in misura integrale e non in base alla sola percentuale di perdita della capacità lavorativa specifica accertata come conseguente alle lesioni permanenti riportate, salvo che il responsabile alleghi e dimostri che egli abbia di fatto reperito una nuova occupazione retribuita, ovvero si versi nell’ipotesi in cui avrebbe potuto farlo e non lo abbia fatto per sua colpa, nel qual caso il danno potrà essere liquidato esclusivamente nella differenza tra le retribuzioni perdute e quelle di fatto conseguite o conseguibili in virtù della nuova occupazione. (così già Cass. Sez. III, Ordinanza del 9 dicembre 2020 n. 28071).

Nell’ accogliere il ricorso promosso, dunque, la Cassazione conferma il principio consolidato secondo il quale laddove il danneggiato dimostri di avere perduto un preesistente rapporto di lavoro a tempo indeterminato di cui era titolare a causa delle lesioni conseguenti ad un illecito, il danno patrimoniale da lucro cessante, inteso come perdita dei redditi futuri, va liquidato tenendo conto di tutte le retribuzioni (nonché di tutti i relativi accessori e probabili incrementi, anche pensionistici) che egli avrebbe potuto ragionevolmente conseguire in base a quello specifico rapporto di lavoro.

Nel presente caso, la sentenza impugnata è stata ritenuta errata nella parte in cui ha ritenuto, ai fini della liquidazione del danno derivato dal sinistro a carico del ricorrente, di attribuire valenza decisiva non già al fatto in sé della perdita del preesistente rapporto di lavoro a tempo indeterminato, bensì alla perdurante condizione di disoccupazione del danneggiato, evenienza rispetto alla quale, nel presente caso, non erano emerse neppure eventuali dirette responsabilità del danneggiato.

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