Cass. Civ., sez. III, ord. del 14.02.2023, n. 4571
La pronuncia in oggetto prende in esame la vertenza instaurata dal titolare trentasettenne di un’officina meccanica il quale veniva investito da un’auto e, a causa delle gravi lesioni di conseguenza riportate, veniva sottoposto a sette interventi chirurgici nonché all’amputazione di un piede. A causa di tali postumi, lo stesso si vedeva altresì costretto a cessare la sua attività lavorativa.
La vittima del sinistro, la compagna, i due figli minori, il fratello e la madre, citavano in giudizio il guidatore della vettura coinvolta nel sinistro e la compagnia assicurativa, chiedendone la condanna al risarcimento di tutti i danni patiti e patiendi.
Il Tribunale di Pordenone, in parziale accoglimento delle domande attoree, condannava i convenuti al pagamento di una somma a titolo di risarcimento danni patrimoniali e non patrimoniali, poi rideterminata in aumento dalla Corte d’Appello di Trieste.
In particolare, sia il Tribunale di Pordenone sia la Corte d’Appello di Trieste rigettavano la domanda di liquidazione del danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale a favore dei due figli minori del danneggiato, ritenendo non superabile sul piano presuntivo la mancata allegazione di concrete voci di danno e ciò in ragione del fatto che la prima figlia minore aveva quattro anni al momento dell’incidente e che il secondo figlio minore fosse nel grembo materno. Diversamente, la sentenza gravata riteneva sussistente in via presuntiva una interiore sofferenza morale soggettiva meritevole di risarcimento in favore del fratello non convivente della vittima.
I danneggiati ricorrevano, dunque, in Cassazione, impugnando la sentenza di appello sulla base di cinque motivi di cui solo il quarto ritenuto meritevole di accoglimento.
A questo proposito, la Suprema Corte ritiene ammissibile e fondata la doglianza relativa al mancato riconoscimento del danno parentale relativo al figlio di giovanissima età e al concepito ma non ancora nato. Sotto questo aspetto, la Cassazione chiarisce come il danno parentale si configuri anche in presenza di mera lesione del danno da perdita del rapporto parentale, atteso che esso rappresenta un peculiare aspetto del danno non patrimoniale consistente non già nella mera perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità, bensì nello sconvolgimento dell’esistenza, rivelato da fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita, nonché nella sofferenza interiore derivante dal venir meno del rapporto e/o dall’inevitabile atteggiarsi di quel rapporto in modo differente (Cass. 28/09/2018, n. 23469).
In particolare, il Collegio sottolinea come costituisce un errore di diritto la decisione della Corte territoriale di sottoporre ad un regime probatorio diverso la pretesa risarcitoria dei figli, secondo le loro rispettive età e condizioni (con specifico riguardo al figlio concepito ma non ancora nato), rispetto a quella degli altri congiunti (quale, ad esempio, il fratello della vittima al quale era stata riconosciuto in via presuntiva il risarcimento del danno morale soggettivo) in relazione alle ripercussioni negative derivanti dalla macrolesione ortopedica riportata dalla vittima.
Sul punto, gli Ermellini ribadiscono che il danno parentale è un danno non patrimoniale iure proprio del congiunto, il quale – se ritenuto spettante in astratto – può essere allegato e dimostrato ricorrendo a presunzioni semplici, a massime di comune esperienza, al fatto notorio, dato che l’esistenza stessa del rapporto di parentela fa presumere la sofferenza del familiare a prescindere dall’età dei congiunti al momento del decesso del proprio familiare. (Cass. 30/08/2022, n. 25541; Cass. 21/03/2022, n. 9010; Cass. 24/04/2019, n. 11212, ex multis).
In conclusione, dunque, il danno da lesione del rapporto parentale patito dal figlio concepito e non ancora nato, così come dal figlio di giovanissima età, ben può configurarsi anche in via meramente presuntiva atteso che, in conseguenza della macrolesione del genitore, si assume il patimento e la sofferenza del familiare sul presupposto della esistenza del vincolo di parentela.
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