Cass. Civ., sez. III, ord. del 16.01.2024, n. 1607

Con la sentenza in esame, la Cassazione ha espresso il proprio orientamento in merito alla base di calcolo da considerare ai fini della liquidazione del danno da perdita di capacità lavorativa specifica, applicando il principio precedentemente enunciato dagli Ermellini con le note sentenze n. 28071/2020 e n. 14241/2023.

Nel caso di specie, a seguito di sinistro stradale, il danneggiato riportava “acufeni con ipoacusia destra”, con postumi invalidati permanenti valutatati, sotto il profilo medico legale, nella misura dell’8%. Tale invalidità fu tale da determinare una lesione della capacità lavorativa specifica, accertata dal consulente medico legale di parte, anche in considerazione dell’intervenuto demansionamento del soggetto leso.

Ante causam, la Compagnia Assicurativa della società convenuta, proprietaria dell’autocarro che causò il sinistro, corrispose al danneggiato la somma di € 90.000,00 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale.

Il soggetto leso agì in giudizio nei confronti della società e della Compagnia Assicurativa per ottenere il risarcimento del danno patrimoniale derivante dalla perdita di capacità lavorativa specifica. In particolare, l’attore chiedeva il risarcimento: del danno da lucro cessante, derivante dal mancato guadagno sofferto dalla data del sinistro alla data della citazione; del danno da lucro cessante futuro, derivante dal mancato guadagno sofferto successivamente all’avvio dell’azione, nonché comprensivo della riduzione dell’assegno pensionistico; del danno da perdita di chance; del danno emergente, derivante dalle spese giudiziali medio tempore sostenute.

In primo grado, il Tribunale di Verona, ritenuti sussistenti il danno da lucro cessante (passato e futuro) e il danno emergente derivante dalle spese processuali sostenute, accoglieva parzialmente le domande attoree e condannava le parti convenute al risarcimento dei danni patrimoniali, quantificati nella somma complessiva di € 664.078,97.

La Corte d’Appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condannava il danneggiato alla restituzione della somma di € 288.707,10. A fondamento della propria decisione, la Corte territoriale osservava, in primo luogo, che la base di calcolo da prendere in considerazione ai fini della quantificazione del danno da lucro cessante c.d. passato doveva tenere conto non solo delle componenti fisse, ma anche delle componenti variabili (accessori della prestazione lavorativa con funzione di indennità) non percepite a causa del sinistro. Inoltre, secondo il Giudice di secondo grado, la base di calcolo da prendere in considerazione per quantificare il danno da lucro cessante c.d. futuro doveva essere epurata dalle componenti variabili, in quanto liquidabili solo nel caso di prestazioni effettivamente eseguite. Nello specifico:

  • il danno c.d. passato veniva quantificato in euro 17.528,51, oltre accessori [tenuto conto della devalutazione, a partire dal credito risarcitorio pari ad euro 103.316,84 (calcolato su euro 2.348,11, a titolo di perdita reddituale media mensile complessiva moltiplicata per n. 44 mensilità in cui il danneggiato non ha potuto svolgere attività lavorativa), e detratta la somma di euro 90.000,00 corrisposta, oltre rivalutazione e interessi compensativi];
  • il danno c.d. futuro veniva quantificato nella somma di euro 45.266,72, oltre accessori [composto da: euro 1.652,42, calcolato in base alla corresponsione di euro 118,03 (perdita reddituale mensile riferita alla sola parte fissa della retribuzione) x 14 mensilità; euro 27.3942, a titolo di danno permanente da incapacità di guadagno così come quantificato alla luce del coefficiente di capitalizzazione pubblicato su “Quaderni del CSM, 1990 n. 41”].

Il danneggiato adiva la Corte di Cassazione ritenendo violato il principio di integralità del risarcimento.

La Cassazione, riteneva fondato il ricorso.

Innanzitutto, al fine di assicurare il rispetto del principio di integralità del risarcimento, la Suprema Corte torna a richiamare i principi di diritto espressi dalla medesima nelle sentenze n. 28071/2020 e n.14241/2023.

Pertanto, nell’ambito del risarcimento del danno da perdita di capacità lavorativa subito dal danneggiato in conseguenza dei danni riportati a causa dell’illecito, ove il danneggiato dimostri di aver perduto un preesistente rapporto di lavoro a tempo indeterminato a causa delle lesioni subite da fatto illecito, il danno patrimoniale da lucro cessante c.d. futuro va liquidato tenendo conto di tutte le retribuzioni che egli avrebbe potuto ragionevolmente conseguire in misura integrale e non in base alla sola percentuale di perdita di capacità lavorativa specifica accertata in sede medico legale. Di talché, la base di calcolo per la quantificazione del danno da lucro cessante, inteso come perdita di redditi futuri, deve tenere conto anche di tutti i relativi accessori e dei probabili incrementi, anche pensionistici, che il lavoratore avrebbe potuto percepire con riferimento al rapporto di lavoro. Diversamente, ai fini di una diversa quantificazione del danno, il danneggiante deve allegare e provare che il lavoratore danneggiato abbia reperito una nuova occupazione retribuita o, alternativamente, che avrebbe potuto farlo e non lo abbia fatto per sua colpa. In tal caso, il danno dovrà essere liquidato tenendo conto della differenza tra le retribuzioni perdute e quelle di fatto conseguite o conseguibili con il nuovo rapporto lavorativo.

Dopo aver fatto tale premessa e richiamato i principi condivisi, il Collegio ha ritenuto che la Corte d’Appello di Venezia abbia errato nell’escludere dalla base di calcolo le componenti variabili del reddito, ritenendole genericamente tutte riconducibili alla categoria di accessori correlati a prestazioni soltanto occasionali e derogatorie rispetto all’ordinario svolgimento di quelle mansioni.

Secondo la Suprema Corte, ai fini della quantificazione del danno da lucro cessante futuro, devono essere considerate le specifiche mansioni di inquadramento professionale del lavoratore. Conseguentemente, alla base di calcolo vanno tenute in considerazione, oltre alle componenti fisse, anche le componenti variabili accessorie della retribuzione correlate a quella particolare prestazione lavorativa, potendosi scomputare solamente quelle correlate a prestazioni occasionalmente ed eccezionalmente prestate dal lavoratore in occasione di turni di lavoro straordinari o effettuati durante i giorni di riposo.

Pertanto, il Collegio ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione.

In conclusione, qualora il danneggiato-lavoratore, in conseguenza dell’illecito, abbia subito una perdita della capacità lavorativa specifica a cui sia conseguito il demansionamento con riduzione della retribuzione precedentemente percepita, è risarcibile il danno patrimoniale da lucro cessante c.d. futuro. La quantificazione di tale voce di danno, da valutarsi in via prognostica, deve tenere in considerazione, oltre alla componente fissa della retribuzione, anche tutti i relativi accessori ed i probabili aumenti retributivi, allo stato perduti, in ossequio al principio di integralità del risarcimento.

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