Trib. di Alessandria, sent. del 15.11.2023, n. 980

La sentenza emarginata ha ad oggetto una richiesta di risarcimento danni da responsabilità medica per lesione del consenso informato.

Nel 2016, l’attore aveva intrapreso un’azione legale nei confronti dell’Ospedale in cui era stato eseguito l’intervento di riduzione della frattura omerale e di osteosintesi mediante fissatore esterno, chiedendo la liquidazione del danno alla salute riportato a seguito di malpractice nell’esecuzione della terapia chirurgica.

Tuttavia, la relativa domanda era stata rigettata in quanto il consulente tecnico nominato dal Giudice aveva escluso la sussistenza di una responsabilità in capo ai medici. Invero, nell’esecuzione di interventi del tipo di quello cui fu sottoposto il paziente, la lesione del nervo radiale costituiva una complicanza prevedibile ma inevitabile. Pertanto, il CTU ritenne che i chirurghi avessero operato correttamente.

Ciononostante, nel corso del giudizio era emerso chiaramente che il paziente non era stato informato, prima dell’esecuzione dell’intervento, dei rischi – fra cui la grave lesione del nervo radiale – che avrebbe corso sottoponendosi allo stesso, così impedendogli di valutare altre possibilità terapeutiche.

Pertanto, con atto di citazione, l’attore instaurava un nuovo giudizio nei confronti dell’Ospedale per il risarcimento di tutti i danni riportati e, in particolare, per il danno direttamente collegato con la violazione del proprio diritto all’autodeterminazione per mancanza di consenso informato.

Il Giudicante, disattesa l’eccezione preliminare di nullità dell’atto introduttivo del giudizio, nel merito riteneva che la domanda attorea dovesse essere rigettata.

A fondamento della propria decisione, il Tribunale richiamava la recentissima ordinanza della Cassazione, Sez. III, del 12 giugno 2023, n. 16633, la quale analizza le diverse ipotesi configurabili in relazione all’intrecciarsi, all’interno della medesima fattispecie, di allegazioni riguardanti l’esecuzione della prestazione sanitaria e la violazione dell’obbligo informativo (con particolare riferimento alla lesione del diritto alla salute e alla lesione del diritto all’autodeterminazione).

In tema di violazione del diritto all’autodeterminazione del paziente in ordine al trattamento medico proposto, tra le varie ipotesi prese in esame dalla sentenza di cui sopra, il Giudice riteneva che il caso di specie rientrasse nell’ipotesi sub. 3) “se ricorrono sia il dissenso presunto, sia il danno iatrogeno, ma non la condotta inadempiente o colposa del medico nell’esecuzione della prestazione sanitaria (cioè, l’intervento è stato correttamente eseguito), è risarcibile il danno da violazione del diritto all’autodeterminazione (sul piano puramente equitativo), mentre la lesione della salute – da considerarsi comunque in relazione causale con la condotta, poiché, in presenza di adeguata informazione, l’intervento non sarebbe stato eseguito – dev’essere valutata in relazione alla eventuale situazione “differenziale” tra il maggiore danno biologico conseguente all’intervento ed il preesistente stato patologico invalidante del soggetto”.

E ciò in quanto l’attore asseriva che egli non avrebbe prestato il proprio consenso all’intervento di riduzione della frattura omerale ed osteosintesi se lo avessero adeguatamente informato della possibilità, prevedibile e non evitabile, di riportare la lesione del nervo radiale (danno iatrogeno, ossia collegato con l’intervento chirurgico), prescindendo del tutto da eventuali condotte di malpractice dei medici che lo ebbero in cura.

Il Giudice di prime cure, analizzando gli elementi anzidetti nel caso di specie, osservava che:

– In relazione alla presunta lesione del diritto all’autodeterminazione, invero, al paziente era stato fatto sottoscrivere un modulo standard non idoneo ad assolvere l’obbligo informativo. Sul punto, viene richiamata, tra le altre, la Cass. 23328/19, riguardante proprio un caso di consenso prestato su modulo generico e prestampato. Secondo la sentenza citata, nell’ambito dell’attività medico-chirurgica, il consenso informato deve basarsi su informazioni dettagliate, idonee a fornire al paziente la piena conoscenza della natura, della portata e dell’estensione dell’intervento, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative. Di conseguenza, la mera sottoscrizione, da parte del paziente, di un modulo generico non poteva ritenersi idonea ad assolvere l’obbligo informativo.

– In ogni caso, ricadeva in capo all’attore non solo allegare ma anche provare che, se correttamente informato della possibilità di riportare una lesione al nervo radiale, egli non si sarebbe sottoposto all’intervento. (Cfr. Cass. 11.11.2019 n. 28985)

Tale prova, assolutamente necessaria, non era però stata fornita dal danneggiato.

Poiché, tuttavia, come ricordato dalla sent. della Cass. n. 28985/2019, la prova del nesso di causa fra il difetto di corretta informazione e la lesione del diritto alla salute può essere data anche per presunzioni, massime di esperienza e fatti notori, il giudicante decideva di disporre una CTU al fine di “indagare quale avrebbe potuto essere, nel caso concreto, il contenuto di un’informazione resa secondo i dettami del diritto, al fine di comprendere se tale completa informativa avrebbe potuto, secondo l’ id quod plerumque accidit, indurre il paziente ad effettuare una scelta terapeutica diversa dall’intervento di riduzione della frattura omerale e osteosintesi con fissatore esterno cui fu effettivamente sottoposto, scevra dai rischi di cui sappiamo.”

In base alle risultanze della CTU disposta in giudizio, il Giudice riteneva accertato che, anche se il paziente fosse stato correttamente informato del rischio di lesione iatrogena del nervo radiale, egli si sarebbe comunque sottoposto, secondo il criterio del “più probabile che non”, al trattamento di riduzione della frattura e osteosintesi dell’omero, correndo il rischio di riportare la complicanza poi effettivamente verificatasi, atteso che non c’erano altri percorsi terapeutici percorribili più vantaggiosi. Infatti, dalla consulenza tecnica emergeva che i diversi percorsi alternativi non avrebbero consentito la guarigione della frattura.

In conclusione, quindi, il Giudicante riteneva non provato il nesso di causa fra l’omessa informazione (illecito comunque indubbiamente commesso dall’Azienda Ospedaliera convenuta), e il presunto danno alla salute lamentato da parte attrice. Sicché, la domanda di risarcimento del danno all’autodeterminazione avanzata dall’attore veniva respinta.

A sostegno della decisione, il Tribunale richiamava quanto statuito dalla Suprema Corte, Cass. n. 20885/18 ove il Collegio aveva precisato che in tema di responsabilità professionale del medico, l’inadempimento dell’obbligo di informazione sussistente nei confronti del paziente assume rilievo ai fini risarcitori solo a condizione che il danneggiato alleghi e provi l’esistenza di un pregiudizio non patrimoniale derivante dalla violazione del diritto fondamentale all’autodeterminazione e sempre che tale pregiudizio superi la soglia minima di tollerabilità imposta dai doveri costituzionali di solidarietà sociale e non sia futile o consistente in meri disagi e fastidi.

Tuttavia, come si legge nella sentenza, l’attore pur avendo richiesto il risarcimento di un danno di tal genere non lo ha provato e, prima ancora, neppure allegato.

Pertanto, il Tribunale di Alessandria, definitivamente pronunciando, respinta ogni altra domanda, istanza, deduzione ed eccezione, rigettava le domande attoree.

In conclusione, si può affermare che spetta all’attore non solo allegare ma anche provare il danno non patrimoniale patito in conseguenza della violazione del diritto all’autodeterminazione (anche nell’ipotesi in cui il danno alla salute non sussista ovvero non sia connesso alla lesione del diritto all’informazione).

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