Corte Cost., sent. del 10.11.2023, n. 202

La sentenza in oggetto trae origine dalla questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Roma, con ordinanza del 14 dicembre 2022, relativamente agli artt. 669-quaterdecies e 695 c.p.c., in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono la reclamabilità del provvedimento di diniego dell’istanza di nomina del consulente tecnico preventivo ai fini della composizione della lite ai sensi dell’art. 696-bis c.p.c.

Il Tribunale di Roma riferiva che era stato proposto innanzi a sé un reclamo avverso un’ordinanza, con la quale era stato rigettato un ricorso ex art 696-bis c.p.c. avente ad oggetto la richiesta di nomina di un consulente tecnico per l’accertamento dei danni da sinistro stradale.

Il ricorrente aveva fondato la propria richiesta sul fatto che la transazione intercorsa tra le parti non aveva tenuto in considerazione i danni neurologici che si erano manifestati in un momento successivo all’accordo e il Giudice adito aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso rilevando la mancata indicazione da parte del ricorrente della data di insorgenza della patologia sopravvenuta.

A fronte della proposizione del reclamo di cui all’art. 669-terdecies c.p.c. da parte del ricorrente, la Compagnia Assicurativa ne aveva eccepito l’inammissibilità sotto il duplice profilo della differente natura dello stesso rispetto ai procedimenti cautelari e della mancata allegazione della sussistenza del periculum in mora da parte dell’istante.

Il Tribunale rimettente sollevava quindi la questione di legittimità costituzionale rilevando che, nel procedimento ex art. 696 bis c.p.c. di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione il giudice procede a norma del terzo comma dell’art. 696 cod. proc. civ., il quale richiama le forme stabilite nei precedenti artt. 694 e 695 c.p.c. e che quest’ultima disposizione stabilisce che il giudice provvede con «ordinanza non impugnabile».

In via preliminare, dopo aver osservato che il tenore letterale delle disposizioni, in quanto inequivoco, esclude la possibilità di una interpretazione costituzionalmente orientata; la Corte Costituzionale ha confermato che, effettivamente, l’art. 695 cod. proc. civ. ha un univoco tenore letterale che esclude, in via generale, la impugnabilità e quindi la reclamabilità dei provvedimenti di rigetto del ricorso ex art. 696 bis c.p.c..

La Corte ha evidenziato però che, al contrario, la reclamabilità è possibile con riferimento al provvedimento di rigetto dell’istanza per l’assunzione preventiva dei mezzi di prova di cui agli artt. 692 e 696 cod. proc. civ., perché proprio l’art. 695 c.p.c. è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo (sentenza Corte Cost. n. 144 del 2008).

Al tempo, la portata dell’addizione era tuttavia stata limitata per l’appunto ai ricorsi proposti ai sensi degli artt. 692 e 696 cod. proc. civ., che riguardano, rispettivamente, l’assunzione preventiva di testimoni e l’accertamento tecnico preventivo, e ciò sebbene l’istituto della consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite all’epoca fosse stato già introdotto nel nostro ordinamento dalla richiamata legge n. 80 del 2005.

Successivamente, nella sentenza oggetto di commento, la Corte Costituzionale ha poi escluso che il provvedimento di diniego della consulenza richiesta ex art. 696 bis c.p.c. sia ricorribile per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., in quanto trattasi di ordinanza e, inoltre, di provvedimento non definitivo.

Tuttavia, in rispetto del diritto di agire ex art. 24 Cost., secondo la Corte, il riconoscimento della facoltà di impugnazione, mediante reclamo, del provvedimento del giudice, pur non definitivo né decisorio, può talora costituire necessaria implicazione della garanzia costituzionale del diritto di agire in giudizio per la tutela di un diritto o di un interesse legittimo.

Da ultimo, prima di entrare nel merito della questione, la Corte si è soffermata sulla natura e funzione del procedimento ex art. 696 bis c.p.c., rilevando che tale procedimento è connotato dalla finalità di composizione della lite.

In particolare, la Consulta ha osservato che il procedimento di cui all’art. 696-bis c.p.c. risponde anche alle finalità proprie dei rimedi di Alternative dispute resolution (ADR), riconducibili alle procedure di mediazione, di negoziazione assistita, di trasferimento della lite alla sede arbitrale. (sentenza n. 110 del 2013)

In secondo luogo, secondo la Consulta, il procedimento ex art. 696 bis c.p.c. ha assunto maggior rilievo mediante la prescrizione legislativa di cui all’art. 8, commi 1 e 2, della legge 8 marzo 2017, n. 24, la quale prevede che il ricorso per accertamento tecnico preventivo sia condizione di procedibilità ai fini dell’esercizio dell’azione civile relativa a controversie di risarcimento del danno da responsabilità sanitaria.

Pertanto, la Corte ha ritenuto che il provvedimento del giudice, con il quale sia disattesa la richiesta di espletamento di una consulenza tecnica ai sensi dell’art. 696-bis cod. proc. civ., privi definitivamente la parte di una importante facoltà processuale diretta alla possibile composizione della lite, “arrecando al diritto di agire in giudizio (art. 24, primo comma, Cost.) una compromissione anche maggiore del rigetto di un accertamento tecnico ai sensi dell’art. 696 cod. proc. civ.; provvedimento, quest’ultimo, ormai reclamabile a seguito della richiamata pronuncia di illegittimità costituzionale (sentenza n. 144 del 2008)”.

Secondo la Corte, “La previsione, dunque, della possibilità di proporre una domanda di fronte a un giudice senza poter contestare dinanzi a un giudice diverso le ragioni che hanno condotto a un provvedimento di diniego si pone in contrasto con il diritto di agire e difendersi in giudizio (art. 24, primo e secondo comma, Cost.) e con il canone di ragionevolezza (art. 3, primo comma, Cost.).”

La questione sollevata dal Tribunale di Roma è quindi fondata ad avviso della Corte Costituzionale perché, benché nel nostro ordinamento non sia costituzionalmente previsto il doppio grado di giudizio nel processo civile, la mancata previsione di un qualsiasi strumento di controllo avverso un provvedimento lede il diritto di difesa tutela costituzionalmente.

Infatti, secondo la Corte “la perdita del diritto della parte ricorrente alla chance di svolgere, mediante la nomina di un consulente ai sensi dell’art. 696-bis cod. proc. civ., un approfondimento tecnico nell’ambito di un procedimento mirato ad evitare l’instaurazione di un lungo e dispendioso giudizio contenzioso, deve essere presidiato da uno strumento di gravame, quale è il reclamo del provvedimento di rigetto”.

Secondo la Corte, a nulla varrebbe obiettare che il ricorso ex art. 696 bis c.p.c. potrebbe essere riproposto a fronte dell’ordinanza di rigetto, giacché in altre occasioni la Consulta aveva sottolineato che non vi è equivalenza, quanto a qualità della tutela giurisdizionale, tra riproponibilità dell’istanza al medesimo giudice che già l’abbia respinta e reclamabilità davanti ad un altro giudice (sentenze n. 493 del 2002 e n. 253 del 1994).

Da ultimo, la Corte ha infine ritenuto che costituisca una diseguaglianza incostituzionale ex art. 3 Cost. la possibilità di proporre reclamo soltanto avverso i provvedimenti di rigetto dei ricorsi ex art. 696 c.p.c. e non anche avverso i provvedimenti di rigetto dei ricorsi ex art. 696 bis c.p.c..

D’altra parte, la Consulta ha considerato che il legislatore ha scelto di collocare l’istituto ex art. 696 bis c.p.c. nella Sezione IV, del Capo III, del Titolo I, del Libro IV del codice di rito dedicata ai provvedimenti di istruzione preventiva, precisando che la relativa disciplina processuale è modellata su quella dell’accertamento tecnico preventivo ex art. 696 c.p.c..

Con sentenza n. 26 del 2010, la Corte aveva già riconosciuto, evidenziandone il carattere espansivo, che le norme sul procedimento cautelare uniforme esprimono principi generali dell’ordinamento, ai quali occorre fare riferimento per colmare le eventuali lacune della disciplina di procedimenti ispirati alla medesima ratio.

Pertanto, “in una prospettiva di equivalenza delle garanzie”, la consulta ha ritenuto che il rimedio del reclamo di cui all’art. 669-terdecies cod. proc. sia applicabile anche ai provvedimenti di rigetto dei ricorsi ex art. 696-bis c.p.c..

In conclusione, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 669-quaterdecies e 695 cod. proc. civ., nella parte in cui non consentono di utilizzare lo strumento del reclamo, previsto dall’art. 669-terdecies cod. proc. civ., avverso il provvedimento che rigetta o dichiara inammissibile il ricorso ex art. 696-bis del medesimo codice.

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