Cass. Civ., sez. III, ord. del 6.09.2023, n. 25910

La pronuncia in oggetto affronta la vicenda nella quale l’originaria attrice agiva in giudizio contro una struttura sanitaria per sentirne dichiarare la condanna al risarcimento dei danni subiti in conseguenza degli esiti anomali dell’intervento di chirurgia estetica, lamentando di aver riportato una situazione irreversibile di devastazione mammaria toracica, aggravata da una importante sintomatologia dolorosa con limitazione anche nei movimenti, della quale ascriveva la responsabilità agli inadeguati controlli post-operatori eseguiti in ospedale, per non aver affrontato con la tempestività necessaria la complicazione flogistica associata al rigetto delle protesi.

Il Tribunale di Modena adito accoglieva la domanda di risarcimento dei danni proposti dall’attrice, la quale, tuttavia, proponeva appello ritenendo che la relativa quantificazione ivi proposta fosse inidonea a coprire l’intero danno riportato.

La Corte d’appello di Bologna, da un lato confermava la decisione di primo grado, rilevandone la correttezza nel motivare la quantificazione del danno biologico, dall’altro non riteneva provate circostanze specifiche ed eccezionali poste a fondamento del richiesto incremento a titolo di personalizzazione. Infine, confermava il rigetto della domanda di risarcimento del danno da perdita di chances lavorative, reputando non provato l’avvio alla carriera di modella o ragazza immagine da parte dell’appellante.

L’attrice ricorreva in Cassazione, impugnando la sentenza di appello sulla base di quattro motivi tra i quali, il terzo, concernente l’omesso esame di fatti decisivi del giudizio oggetto di discussione con riguardo all’omesso riconoscimento della personalizzazione del danno biologico, al rigetto della domanda di ristoro del danno morale e del danno patrimoniale da perdita di chance lavorative.

La Suprema Corte rigettava i primi due motivi di ricorso, accoglieva il terzo motivo, mentre dichiarava assorbito il quarto motivo.

A sostegno dell’accoglimento del terzo motivo di ricorso, con specifico riferimento al danno da perdita di chances patrimoniali di futuro guadagno, la Suprema Corte espone alcune interessanti argomentazioni.

 

Prima di tutto, la chance in questione non deve apprezzarsi alla stregua di una mera aspettativa di fatto, bensì deve tradursi nella concreta ed effettiva possibilità di conseguire un determinato risultato o un certo bene giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione, e che la sua perdita configura un danno concreto ed attuale commisurato alla possibilità perduta del risultato sperato (sulla nozione di chance v. Cass. n. 5641 del 2018 e, da ultimo, Cass. n. 2261 del 2022 e Cass. n. 25886 2022).

Secondo la Cassazione, dunque, la prova del danno patrimoniale da perdita di chance lavorative dovrà sostanziarsi:

– nella dimostrazione della esistenza e della apprezzabile consistenza di tale possibilità perduta, da valutarsi non in termini di certezza, ma di apprezzabile probabilità. Nella pronuncia viene sottolineato che tale prova può essere data con ogni mezzo, e quindi anche a mezzo di presunzioni;

– nell’accertamento del nesso causale tra la condotta colpevole e l’evento di danno: nella specie, le possibilità lavorative perdute a causa delle condizioni fisiche permanenti, estetiche e funzionali, della persona della danneggiata, con recisione delle concrete possibilità di affermazione nel campo prescelto.

Pertanto, a parere degli Ermellini, il soggetto che agisce per ottenere il risarcimento del danno da perdita di chance di futuro guadagno è tenuto ad allegare e provare l’esistenza dei suoi elementi costitutivi, ossia di una plausibile occasione perduta, del possibile vantaggio perso e del correlato nesso causale, fornendo la relativa prova pure mediante presunzioni, ed eventualmente ricorrendo anche ad un calcolo di probabilità.

In definitiva, secondo la Cassazione, il danno patrimoniale da perdita di chance di futuro guadagno consiste non nella perdita di un vantaggio, economico e/o non economico (ben potendo un danno perdita di chance legittimamente predicarsi anche su di un piano non patrimoniale, cfr. Cass. 7513/2018), certo ed attuale, ma nella perdita della concreta possibilità di conseguire un vantaggio sperato.

La Cassazione, dunque, ha cassato la sentenza impugnata rinviando la causa alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione ritenendo che la stessa, nel rigettare la domanda dell’attrice, non si sia conformata ai principi su esposti e abbia ritenuto erroneamente che la valutazione in termini di danno risarcibile della chance debba essere compiuta col metro della certezza e non piuttosto con quello della possibilità qualificata secondo i canoni della apprezzabilità, serietà, consistenza.

Cass_Civ_sez_III_ord_25910_del_6_09_2023