Cass. Civ., Sez. III, ord. del 21.05.2024, n. 14046

La Cassazione, con la sentenza emarginata, è stata chiamata a pronunciarsi in merito alla idoneità della comunicazione e-mail ordinaria a costituire valida prova scritta in giudizio.

In primo grado, il Tribunale di Milano condannava la Compagnia Assicurativa a manlevare l’assicurato, ritenendo provata l’estensione della polizza assicurativa richiesta a mezzo mail da parte dell’assicurato al Broker.

La Compagnia Assicurativa, appellando la sentenza in via incidentale, chiedeva di essere sollevata da ogni responsabilità per mancanza di copertura assicurativa per i fatti oggetto del giudizio, non potendosi ritenere debitamente stipulata l’estensione di polizza in considerazione del fatto che le e-mail prodotte in atti non potevano integrare una prova scritta, anche tenuto conto del fatto che le stesse non potevano ritenersi munite di sottoscrizione.

La Corte d’Appello di Milano accoglieva l’appello incidentale osservando che, in primo luogo, il contratto deve essere provato per iscritto ai sensi dell’art. 1888 c.c. e che, pertanto, l’estensione di polizza non poteva ritenersi valida in mancanza di apposita appendice di polizza debitamente sottoscritta. In secondo luogo, evidenziava che lo scambio di corrispondenza era avvenuto a mezzo mail ordinaria e non a mezzo PEC. Rilevava poi che la mail ordinaria ha valore di mera fotocopia e, come tale, ai sensi dell’art. 2712 c.c., fa piena prova solo ove non contestata. Infine, la Corte territoriale sottolineava che, in caso di contratto da provarsi per iscritto, lo scambio di e-mail non consente di individuare con certezza la riferibilità delle stesse ai rispettivi titolari, non potendo quindi ricoprire il valore di una scrittura privata.

La società di intermediazione veniva condannata nei limiti della domanda formulata in appello per non essersi il Broker avveduto del fatto che la polizza originaria non era idonea a tutelare le esigenze assicurative del contraente assicurato.

L’assicurato ricorreva per la cassazione della sentenza nella parte in cui negava valore di piena prova scritta alla e-mail, negandone l’idoneità alla modifica estensiva della polizza assicurativa, rilevando, tra l’altro, che la provenienza della e-mail non era stata contestata.

La Cassazione, preliminarmente, evidenzia che il motivo di ricorso deve essere vagliato in base alla normativa vigente all’epoca dei fatti (novembre 2009), in quanto le modifiche apportate alle norme che disciplinano l’efficacia dei mezzi di prova, i limiti della loro ammissibilità, i vincoli inerenti alla loro disponibilità e il loro valore di prova legale, dovendosi ritenere modifiche di norme sostanziali, restano assoggettate al principio generale di irretroattività della legge di cui all’art. 11 delle Preleggi.

Entrando nel merito, gli Ermellini ritengono che la decisione della Corte d’Appello non sia conforme a diritto sia dal punto di vista sostanziale che dal punto di vista processuale.

Dal punto di vista sostanziale, la e-mail doveva essere considerata un documento informatico sottoscritto con firma digitale “semplice” e, in base alla normativa all’epoca vigente (artt. 20 d.lgs. 82/2005), “l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di [qualità,] sicurezza, integrità ed immodificabilità”.

Pertanto, secondo il Supremo Consesso, la Corte territoriale era tenuta a vagliare le caratteristiche oggettive di cui all’art. 20 del d.lgs. 82/2005, desumibili dal formato del file in cui il messaggio di posta era stato salvato, dalle sue proprietà, dalla sintassi adottata e dalla grafica.

Tale valutazione, secondo la Suprema Corte, va condotta alla luce del consolidato principio secondo cui la prova scritta del contratto di assicurazione può essere desunta anche da documenti diversi dalla polizza, purché provenienti dalle parti e da questi sottoscritti, dai quali sia possibile dedurre l’esistenza e il contenuto del patto (sulla base di tale principio la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto idonee a costituire prova dell’esistenza del contratto e dell’estensione della copertura, rispettivamente, la quietanza di pagamento dell’indennizzo e la ricevuta preventiva).

Dal punto di vista processuale, la normativa all’epoca vigente (art 21 d.lgs. 82/2005) dettava il medesimo criterio anche per stabilire se il documento informatico fosse idoneo a costituire una valida prova in giudizio.

Sulla scorta di tali considerazioni, la Cassazione, riscostruito il sistema della legge all’epoca vigente, ha enunciato i seguenti principi:

  1. Il messaggio di posta elettronica sottoscritto con firma “semplice” è un documento informatico ai sensi dell’art. 2712 c.c.;
  2. forma piena prova dei fatti e delle circostanze rappresentate ove non ne siano contestati la provenienza e il contenuto;
  3. in caso di contestazione della provenienza e del contenuto, il Giudice è tenuto a valutarlo in uno con tutti gli elementi disponibili e tenendo conto delle sue caratteristiche oggettive sotto il profilo della qualità, della sicurezza, della integrità e della immodificabilità.

In conclusione, gli Ermellini, ritenendo che la Corte territoriale non avesse proceduto alle puntuali valutazioni richieste dagli artt. 20 e 21 del d.lgs. 82/2005, hanno cassato la sentenza rinviando alla Corte d’Appello in diversa composizione per un analitico esame delle caratteristiche oggettive del documento informatico.

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