Cassazione civile, ordinanza 27 settembre 2019, n. 24167
Nel caso di responsabilità medica, la struttura presso cui si è svolta l’operazione, che ha cagionato il danno alla paziente, è solidalmente responsabile con il medico, esecutore dell’intervento chirurgico. Se la casa di cura viene condannata al pagamento del risarcimento e intende agire in regresso verso il medico, ha l’onere di provare l’esclusiva responsabilità dell’altro obbligato solidale (ossia del chirurgo) nella causazione del fatto.
Nello specifico, la Suprema Corte ha affermato che: “laddove la struttura sanitaria, correttamente evocata in giudizio dal paziente che, instaurando un rapporto contrattuale, si è sottoposto ad un intervento chirurgico all’interno della struttura stessa, sostenga che l’esclusiva responsabilità dell’accaduto non è imputabile a sue mancanze tecnico-organizzative, ma esclusivamente alla imperizia del chirurgo, che ha eseguito l’operazione, agendo in garanzia impropria e chiedendo di essere tenuta indenne di quanto eventualmente fosse condannata a pagare nei confronti della danneggiata, ed in regresso nei confronti del chirurgo, affinché, nei rapporti interni, si accerti l’esclusiva responsabilità di questi nella causazione del danno, è sul soggetto che agisce in regresso a fronte di una responsabilità solidale che grava l’onere di provare l’esclusiva responsabilità dell’altro soggetto. Non rientra invece nell’onere probatorio del chiamato l’onere di individuare precise cause di responsabilità della clinica in virtù delle quali l’azione di regresso non potesse essere, in tutto o in parte, accolta“.
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